Casa Serafini, il ritorno alla pasta come racconto d’Italia

    fotografo Lido Vannucchi

    Promosso da Barilla

    Viale Marconi, 43 40021 Borgo Tossignano (BO)

    Lo Chef

    Un consiglio

    Borgo Tossignano è un piccolo paese della provincia di Bologna, incastonato nel cuore verde della Valle del Santerno, sotto l’imponente catena della Vena del Gesso Romagnola. A pochi chilometri da Bologna e Imola, ma immerso in una campagna che divide l’Emilia dalla Romagna, tra vallate, colline e boschi che profumano di cammino e libertà.

    È qui, nel centro del paese, in via Marconi, che il 13 febbraio ha aperto le sue porte Casa Serafini, negli stessi locali dove per anni aveva vissuto una vecchia osteria di paese. Oggi quello spazio ha una nuova anima: lo chef Andrea Serafini, classe 1994, lo ha trasformato con le proprie mani, riportando alla luce la pietra viva dei muri e riaccendendo il vecchio camino, che ora è il cuore pulsante del ristorante — un fuoco che scalda, illumina e cuoce.

    “Il ristorante ricorda una casa di campagna, tra pietra, legno e camino. Il clima è familiare, informale: voglio che chi entra qui si senta a casa,” racconta Andrea con un sorriso adamantino e l’energia di chi costruisce passo dopo passo il proprio sogno.

    Romagnolo d’origine, dopo gli studi alberghieri Andrea parte presto: stagioni tra l’Italia e l’estero, poi a vent’anni l’ingresso all’Alma, con un obiettivo preciso — diventare un cuoco pensante, capace di dare senso e visione a ogni piatto. La sua formazione passa attraverso alcune delle cucine più importanti d’Italia. Da daGorini a San Piero in Bagno, dove resta per un anno e mezzo e impara dal maestro Gianluca Gorini il valore del sacrificio e il rispetto assoluto per la materia prima. Poi Le Calandre degli Alajmo, dove affina la tecnica, Il Ridotto a Venezia e Il San Domenico di Imola durante il Covid. Infine, una breve ma intensa parentesi all’Osteria Francescana e un progetto al Fenicottero Rosa di Faenza, prima di tornare a casa con un’idea chiara: costruire qualcosa di proprio, autentico, radicato.

    Così nasce Casa Serafini, aperto dal giovedì al lunedì, a pranzo e a cena. Una cucina che si regge su tre parole chiave — sostenibilità, territorialità e stagionalità — ma che in realtà parla di un rapporto quotidiano e diretto con il territorio. Ogni mattina Andrea esce presto e gira tra piccoli produttori della zona: verdure, formaggi, carni, e pesce fresco che arriva dall’Adriatico. È da questo dialogo continuo che nasce la sua cucina, vegetale e istintiva, concreta eppure poetica.

    I piatti guardano alla tradizione con curiosità e rispetto, ma vengono interpretati con uno sguardo nuovo, giocato su cotture alla brace, estrazioni di gusto e contrasti precisi. Uno dei suoi signature dish, gli Spaghetti Al Bronzo Barilla all’assassina, racconta bene la sua filosofia:

    “Un produttore mi ha portato delle fragole meravigliose, e ho deciso di usarle al posto del pomodoro: chimicamente sono molto simili. L’oliva mi regala una nota tostata e amara, così ho aggiunto anche bucce di pomodoro per non sprecare nulla. Lo spaghetto viene cotto in padella, tostato con aglio, olio e peperoncino, poi portato a cottura con una purea di fragole fresche. Il calore ne esalta l’acidità e ne nasce un piatto dal morso deciso, quasi croccante, dove freschezza e amaro dialogano creando pulizia, eleganza e un irresistibile desiderio di un’altra forchettata.”

    Fuoco, terra, equilibrio e memoria: Casa Serafini è un luogo che racconta un ritorno alle origini, ma con lo sguardo rivolto avanti. Un piccolo ristorante di paese dove ogni piatto è una conversazione sincera tra passato e presente, tra gesto contadino e pensiero contemporaneo.

    Potrebbero interessarti

    Testo di Sara Favilla

    Nell’elegante cittadina di Forte dei Marmi, incastonata tra il mare versiliese e le Alpi Apuane,

    Testo di Sara Favilla

    Ci sono luoghi in cui il tempo non si limita a passare, scolpisce, modella, custodisce.

    Testo di Sara Favilla

    Nel cuore di Bergamo Alta, nel dedalo di strade medievali, c’è un luogo che non

    Torna in alto