Classico e contemporaneo nel segno dell’arte al Myo Restaurant di Prato

    fotografo Lido Vannucchi

    Promosso da Barilla

    Ristorante Myo Viale della Repubblica, 277, 59100 Prato PO

    Lo Chef

    Un consiglio

    Il nome Myo, oltre a essere il titolo di un’opera dell’artista espressionista Cy Twombly, significa “essere perfettamente dotato”. Ciò significa che Myō, il cui significato è anche “mistico, meraviglioso, nascosto”, rappresenta il livello spirituale del potenziale in termini di abbondanza di possibilità. In relazione alla nostra vita, significa che tutti noi abbiamo le capacità e le potenzialità per essere completamente felici. E Myo è anche il nome che Angiolo Barni ed Elena Paci hanno deciso di dare al proprio ristorante, aperto nel 2016 nel contesto del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato che proprio in quell’anno è stato ampliato creando maggior spazio per la ricerca estetica in cui si colloca anche il progetto di gastronomia italiana.


    Per la città Angiolo Barni è un pilastro, essendo parte di un’importante dinastia di panificatori. La nonna aveva una gastronomia con un retrobottega in cui serviva da mangiare, in via Ferrucci, che è ancora la sede del panificio e gastronomia oggi gestita dalla sorella di Angiolo.

    Dopo il diploma di ragioniere, Angiolo decide di seguire le tracce di famiglia e riesce a ottenere un periodo di stage da Vissani a Baschi e da lì fa tappa in Francia, all’École Culinaire con Bocuse e Blanc. Al suo ritorno a Prato, Angiolo decide di aprire il proprio ristorante, coadiuvato da Antonio Bondi, su suggerimento di Vissani, un contributo essenziale per strutturare il ristorante. Dopo anni di intenso lavoro, nel 2003 decide di concedersi 3 mesi di stage da Quique Da Costa durante l’estate che si è rivelata un’esperienza molto dura, poiché lo chef all’epoca proponeva due menu, uno più contemporaneo e uno di stampo valenciano classico, per cui era molto faticoso lavorare su due linee. Ma in quel periodo frenetico ebbe la straordinaria opportunità di andare per una settimana a El Bulli e di entrare in contatto con il genio di Ferran Adriá, assaggiando tutti i suoi piatti e cercando di rubare con gli occhi una porzione di quell’incredibile mondo. Nel 2016 è iniziato un nuovo capitolo, quello del Myo, al fianco della compagna Elena Paci in sala. Anni di intenso lavoro, costellato da importanti lutti familiari (tra cui l’amato padre) che entrambi hanno saputo superare ritrovando le giuste energie per dedicarsi con rinnovato entusiasmo al loro mondo, con la memoria dei gesti paterni più viva che mai. Il forno Barni è ancora un riferimento per tutta la città di Prato, e due giorni a settimana confeziona pani particolari per il Myo, e ogni giorno la bozza pratese da portare in tavola.


    In un contesto di grande arte contemporanea nazionale e internazionale, Angiolo ed Elena celebrano i capisaldi dell’italianità, a partire dalla mise en place sul tavolo, dal tovagliato di lino alle stoviglie di Ginori, con lo stesso gusto che caratterizza anche la cucina, a partire dall’appassionata ricerca sulla materia prima al massimo della sua qualità, da declinare in modo lineare, secondo le linee guida di un classicismo toscano che le esalti nella loro riconoscibilità. Ne risulta un gusto moderno, scevro da mode, immediato e che riesce a non far pesare la complessità della sua lavorazione ed esecuzione.


    Gli ingredienti sono selezionati personalmente da Angiolo, piccoli allevamenti locali per le carni e pescato del Tirreno, mentre gli ortaggi in alcuni momenti dell’anno arrivano dall’orto dello chef, da declinare secondo una cucina toscana elegante. Il Josper in cucina è l’anima del sapore, con la brace e il fuoco che imprimono carattere a carni e verdure, e l’eco della classicità francese è il medium che conferisce eleganza.
    In nome della grande materia prima e della toscanità, Angiolo abbraccia il gusto toscano che si dipana dall’entroterra alla costa e che omaggia il concetto di zuppa di terra e di mare in un unico piatto, i Mezzi Rigatoni e Fusilli al Bronzo “Barilla”, in Zuppetta di Pesce di Scoglio, Molluschi, Fagioli Zolfini della Val di Chiana e Cavolo nero.

     

    Una sintesi di due piatti della tradizione che trovano nuova linfa, con la pasta di grano duro che fa da veicolo di gusto. Le note sulfuree di cavolo e fagiolo trovano eco nelle cozze e nelle vongole, mentre le note iodate arrivano dalla zuppa di tracine, gallinella, scorfano, gattucci, seppie, cui si aggiungono le cicale. I due tipi di pasta vengono cotti separatamente e poi ultimati in risottatura con la zuppa di pesce, a mo’ di pasta mista campana, e la parte vegetale. Un piatto di grande spessore in cui campagna e mare si incontrano con eleganza e pienezza di sapori, come piace a chef Barni.

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