Laurus in latino ha un duplice significato, come sostantivo è alloro, come aggettivo è nobile, raffinato.
Sono questi due cardini su cui si impernia la nuova missione gastronomica di chef Alberto Quadrio, che da gennaio 2024 ha sposato il nuovo progetto gastronomico dell’Albereta, il mitico resort in Franciacorta di proprietà della famiglia Moretti di Bellavista. L’Albereta non è solo una delle grandi maison dello charme italiano, è anche uno dei templi resi immortali dal Maestro Gualtiero Marchesi, lo stesso chef con cui ha esordito Alberto al Marchesino. Ha dunque il sapore di un ritorno a casa, per un ragazzo classe 1990 che vanta esperienze curriculari di grande prestigio, dal Joia di Pietro Leemann, da Asola con Matteo Torretta, al Capri Palace, all’Hishinuma e al Narisawa di Tokyo, da Disfrutar a Barcellona e al Geranium di Copenaghen nell’anno in cui è arrivata la terza stella, e da Alain Ducasse al Plaza Athenée di Parigi.
In Italia ha guidato pe un anno la parte gastronomica di Cantine Nervi, Cucine Nervi, per poi tornare a Milano al ristorante 10_11 del Portriait Lungarno Collection, dove si è imposto all’attenzione mediatica per il suo studio sulla pasta in bianco.
L’Aurum, ideato da Valentina Moretti con la collaborazione della sorella Carmen, oggi è il suo nuovo mondo, dove recuperare la memoria del passato glorioso di chi lo ha preceduto, e nel contempo portare nuove visioni con il suo stile di cucina che mixa classicità e la contemporaneità del territorio. L’Aurum come sostantivo si fa sineddoche della natura in cui si immerge il resort, dai vigneti, fino agli orti che si dipanano a lambire le sponde del Lago d’Iseo, a inseguire una stagionalità che offre sempre nuovi spunti creativi di gusto, per cui per esempio è il vegetale a essere spremuto nella presse al posto delle nobili carni, a voler sottolineare l’importanza degli ortaggi e dei frutti, al pari delle grandi carni.
E certo la ricerca di Quadrio è tutta volta all’esaltazione del gusto e della gestualità italiana, per cui molti piatti arrivano a tavola in condivisione, egregiamente sporzionati dall’eleganza dei ragazzi di sala che contribuiscono a dare eleganza e insieme informalità nel coinvolgere i commensali nella finitura dei piatti. Gusto italiano che si manifesta nella costruzione del menu e nell’attenzione rivolta alla pasta, sia fresca che secca, ed è qui che torna illuminante la lezione di Marchesi nel portare nel fine dining un tipo di pasta che all’epoca era considerato troppo pop. Marchesi ha reso la pasta secca chic, non solo servendola in un ventaglio di formati con una mise en place in purezza che da artigianato l’ha elevata al rango artistico, ma anche prestando attenzione maniacale alle consistenze e alle temperature.
È su questo filone che si inserisce anche l’indagine di Quadrio: “La concezione di consumare la pasta non bollente, soprattutto lunga, ci ha fatto riflettere e abbiamo lavorato per ottenere qualcosa di diverso senza perdere la parte di salsa con il quale fare la scarpetta con la salsa. Andando da uno dei nostri fornitori, abbiamo assaggiato diverse erbe amare, l’abbiamo fatto con vista, perché l’orto è sul lago d’Iseo. Erbe amare e trota affumicata. Non poteva che nascere abbinamento più coerente.”
Sono queste le parole con cui i suoi Spaghetti Barilla Al Bronzo tiepidi, erbe amare e trota affumicata, un piatto che dall’inverno ci traghetta verso la primavera grazie all’impiego di ingredienti che sfumano dall’amaro al sapido al fresco e piccante, con lo Spaghetto tiepido che dando masticazione ne enfatizza i sapori.
Un piatto molto italiano anche nella sua preparazione, con la pasta che viene condita fuori dal fuoco con la clorofilla delle erbe selvatiche, quindi trota affumicata, polline, rafano, uova di trota, le erbe e il dressing finale di semi di senape.