Sul lungomare di Tirrenia con l’aria che profuma di pini e di salmastro, si sente anche il profumo di brace. È il fuoco che dal 2022 anima la Beefsteccheria Barroso, di Nicola Lamacchia e Rebeca Sandu, coppia di ristoratori pisani che dal 2022 hanno fissato qui un nuovo indirizzo gastronomico completamente incentrato sulla brace.
Il nome Beefsteccheria fa riferimento a una terminologia che affonda le radici nella metà del 500, “quando in occasione delle feste in onore di San Lorenzo nell’omonima piazza per volere della stessa famiglia Medici si distribuisce un bue girato allo spiedo. Ebbene, in mezzo alla folla si aggirano anche alcuni appartenenti all’élite socio-culturale inglese. Sono giunti a Firenze per chiudere importanti affari e, inebriati dall’invitante profumo di quei fumanti pezzi di carne, ne reclamano prontamente un pezzo a suon di “beef-steak”. Prima italianizzata e poi fiorentinizzata, quell’espressione figlia di una leggenda popolare della quale non restano testimonianze ufficiali non impiega molto tempo prima di convertirsi nell’universale “bi-stecca”. Troppo strano e inconsueto il doppio termine inglese, più semplice e originale unirlo in un’unica parola e trovare così un’alternativa lessicale al precedente “carbonate”. Era proprio in questo modo, del resto, che fino alla seconda metà del XVI secolo venivano chiamate le carni arrostite.”
La loro sfida di portare carni di straordinaria qualità da tutto il mondo sulla costa pisana è il frutto di anni di passione e studio, tanto che oggi si può considerare un baluardo di ricerca sulle cotture su fuoco, e nel 2024 Barroso è stato inserito tra le 50 migliori steakhouse d’Italia per la prestigiosa classifica di “Braciami ancora”, un progetto ideato da Michele Ruschioni che da oltre dieci anni mette al centro la carne consigliando steakhouse, macellerie, bracerie, luoghi dedicati alla carne a tutto tondo e facendo uno storytelling che piace molto ai carnivori d’Italia.
Il filo conduttore è il gusto della brace che definisce il gusto in chiave succulenta, grazie alla presenza del Josper che permette cotture e finiture, anche del vegetale. A tutti gli effetti fuoco e fornello vanno a braccetto a disegnare una cucina italiana contemporanea che ha il suo fulcro nel gusto toscano borghese delle grandi carni, anche di caccia e di cortile. Le carni selezionate in Europa e nel mondo, vengono frollate in prima persona in celle di frollatura che occupano una parete di 4 metri del ristorante, e che permettono di valorizzare al meglio queste prelibatezze grazie a un processo di maturazione svolto a cicli di temperatura e umidità controllate. Sono almeno 15 le tipologie di carni diverse: Chianina, Rubia, Avilena, Angus, Montbeliard, Hereford, Holstain, Simmental, Wagyu, sono solo alcune delle razze che vengono proposte in modo circolare durante tutto l’anno. Per questo il capitolo Bistecche occupa un capitolo tutto suo nel menu.
Non solo carni, anche il vegetale sempre di stagione, il pesce e persino la pasta vengono cotti con la tecnica della brace in modo da acquisire consistenze e sapori inusitati e decisamente originali. Grazie al percorso intrapreso da chef come Bittor Arginzoniz di Etxebarri, Errico Recanati a Loreto, Edoardo Tilli nella Rufina, oggi il filone della cottura su brace permette di sperimentare con audacia anche ingredienti che tradizionalmente chiedevano acqua o pentole, come la pasta secca di grano duro, ed è così che anche Nicola, con il suo chef Francesco Coppola, ha studiato la tecnica di cottura di formati lunghi e corti, come nel caso del Fusillo Barilla Al Bronzo alla brace con Ragù di pecora. Un piatto che riporta nella campagna toscana, con le carni che arrivano da Lajatico nell’allevamento di Parisi e che davvero si fa firma della filosofia di Barroso, imprimendo il gusto col fuoco.
Il ragù di pecora racconta dei pascoli toscani di Lajatico, in provincia di Pisa, e avvolge il fusillo croccante che sulla brace ricorda la crosticina della pasta al forno della domenica. Un piatto che sa di fuoco e di rimembranza, che riconnette all’idea dei pranzi di una volta, inneggia al convivio, alle cotture lente, alla fiamma viva. La pasta viene appena scottata in acqua e quindi finita su brace e idratata con brodo di pecora, quindi condita con ragù di pecora e finita con bottarga di coscia di pecora, che le stesse note umami del parmigiano. Una consistenza unica per questa pasta croccante, oltre la classica cottura al forno in stile lasagna, con un gusto che esalta il grano oltre il ragù, svelando finalmente l’inatteso sapore della pasta.